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PIRANDELLO ORA PRO NOBIS di Nunzio Caponio

 

Possono i personaggi  abitanti la fantasia di uno scrittore manifestarsi sotto forma di pixel pensanti, animazioni virtuali che interagiscono con il loro creatore senza tenere conto di altro che di se stessi? Può l’autore essere prigioniero non solo delle proprie creazioni ma di se stesso, costringendo chi ha di più caro ad assecondarlo, in un delirio che rende vera la finzione del palcoscenico e finta la realtà del quotidiano? Questo è ciò che accade in Pirandello ora pro nobis, originale riscrittura dell’immaginario pirandelliano ad opera di Nunzio Caponio. Un percorso avvincente nei labirinti ora drammatici ora grotteschi dell’intera opera pirandelliana, dove il reale si intreccia con il virtuale, gli attori in carne ed ossa agli avatar, il video al teatro, per raccontare il genio dello scrittore siciliano con i linguaggi immaginifici della contemporaneità.

una produzione: ORIGAMUNDI

 

scritto e direto da: Nunzio Caponio

 

con: Nunzio Caponio, Tiziana Pani e Ivano Cugia

 

voice over: Alessandro Fulvio Bordigoni, Giorgia Barracu, Consuelo Melis e Fabrizio Murgia.

in video: Margherita Margarita, Drugo Morgan, Rita Napolitano, Annalisa Zedde, Lorenzo Melini, Ismaelle Melville, Laura   Zedda, Carla Teodora Puggioni e Francesca Murru.  

 

video e anumazioni: Roberto Putzu

costumi e scenografie: Salvatore Aresu

disegno luci: Ivano Cugia

fotografie di scena: Federico Cabras

 

durata: 90 minuti

 

Recensione a cura di Francesca Falchi

Se si pensa a Pirandello, la prima immagine che viene in mente è quella dei sei personaggi in cerca d’autore che irrompono durante le prove di uno spettacolo teatrale, varcando i confini dell’irrealtà per farsi vivi e veri e raccontare loro stessi il proprio dramma. Questo è proprio quello che accade in Pirandello Ora pro nobis. Con la differenza che i personaggi irrompono sì, non da un’irrealtà ma da una realtà, quella virtuale, che si parcellizza rimandata da un muro bianco (anch’esso “virtuale” perché fatto di cartone e non di cemento) e si confrontano con il loro “autore” (costretto ad un’immobilità fisica non si sa se vera o reale anch’essa) –interpretato da Nunzio Caponio, ora algido e asettico ora carnale e passionale-  chiedendo la dignità di rappresentazione. L’autore non accetta questa indipendenza del personaggio, questa sua ribellione a chi lo ha creato, questo rifiuto di accondiscendere a chi gli è “padre” avendogli donato parte di sé per renderlo “vivo” e “vero”. Dove fallisce il virtuale forse può il reale: se l’avatar non accetta di essere “manipolato”, forse l’umano può permettere all’autore di tornare ad essere padrone della propria creazione. L’attore di pixel  cede il passo a quello in carne ed ossa e la rappresentazione diviene più reale della realtà stessa. L’uno diviene centomila e i volti femminili sullo schermo, in attesa di indossare consapevolmente la maschera che l’autore ha creato per loro, si condensano in un unico viso, in un solo corpo quello dell’attrice pirandelliana per eccellenza: Donata Genzi, la protagonista di Trovarsi (una intensa e credibilissima Tiziana Pani). Ma in un continuo intreccio tra realtà ed immaginazione, Donata altro non è che la moglie dell’autore che ne accondiscende e condivide la follia di una vita che trova il suo compimento nella finzione del palco piuttosto che nel mondo reale, lontana da quella quotidianità così brutale e decadente che l’autore non vuole né può accettare. E a niente servono i tentativi di de-costruire quel “nessuno” (nel quale l’autore indugia per “non” scegliere) protratti durante tutta la rappresentazione dal “dottore” che ha in cura l’autore(un rigoroso Ivano Cugia): la scelta non è contemplata e il “non essere” ciò che si è, diviene una consolatoria via d’uscita di fronte ad una realtà alienata ed alienante che ha i contorni-prigione di un incubo.

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